I modi in cui non ascoltiamo realmente
“Ascoltare vuol dire comprendere ciò che l’altro non dice”, affermava Carl Rogers, psicologo statunitense. Questo perché la vera comprensione va oltre le parole pronunciate e include l’interpretazione dei segnali non verbali, delle emozioni e persino del silenzio, che spesso comunica più di molte frasi. Ma tutti questi elementi sono sempre facili da percepire? La risposta è: dipende, ovvero dipende dal modo di ascoltare.
Non si ascolta solo con le orecchie, o almeno non sempre. Esistono diversi modi di ascoltare e, adesso, vi parlerò di alcuni modi in cui non si ascolta veramente chi parla, ossia di situazioni in cui non si ascolta fino in fondo chi si ha di fronte.
Ritengo che esista un tipo di ascolto che io chiamato “ascoltare ignorando”. Esso si verifica quando una persona non presta attenzione a chi parla, fingendo di ascoltare o distraendosi completamente. In questo caso non c’è alcun interesse né verso il messaggio né verso l’interlocutore, e la comunicazione perde ogni efficacia. Chi parla può sentirsi ignorato o non rispettato, con il rischio di creare distanza e incomprensione nella relazione.
Sarà capitato anche a voi, almeno una volta nella vita, di “ascoltare interrompendo”, che si verifica quando una persona non lascia finire di parlare l’interlocutore, inserendosi continuamente nel discorso. Chi interrompe tende a voler imporre la propria opinione o a mostrare di sapere già cosa l’altro vuole dire, senza concedere spazio a un ascolto completo. Questo comportamento, spesso spinto dall’eccesso emotivo durante la conversazione, ostacola la comunicazione, poiché l’altro si sente non rispettato e poco compreso.
Poi c’è l’ “ascolto con filtro”, che si verifica quando una persona presta attenzione solo a una parte del messaggio, selezionando ciò che conferma le proprie idee o interessi e ignorando il resto. In questo tipo di ascolto, le informazioni vengono “filtrate” attraverso pregiudizi, convinzioni o emozioni personali, portando spesso a fraintendimenti o interpretazioni distorte. Chi ascolta in questo modo tende a concentrarsi solo su ciò che gli interessa, senza cogliere davvero il significato complessivo di ciò che l’altro vuole comunicare.
Un’altra tipologia di ascolto negativo è l’ “ascolto con il dialogo interno” si verifica quando, mentre l’altro parla, la mente di chi ascolta è impegnata nei propri pensieri, giudizi o risposte. Invece di concentrarsi pienamente sul messaggio, la persona dialoga mentalmente con sé stessa, preparando cosa dire o valutando ciò che sente. Questo comportamento riduce la capacità di comprendere davvero l’interlocutore e di coglierne le emozioni o le intenzioni.
Infine, esiste un genere di ascolto che io definisco “ascolto passivo” si verifica quando una persona ascolta senza partecipare attivamente alla comunicazione. Chi ascolta in questo modo rimane in silenzio, senza fare domande, dare feedback o mostrare segni di coinvolgimento. Pur comprendendo ciò che viene detto, manca un vero scambio comunicativo, e l’interlocutore può percepire disinteresse o distanza.
In conclusione, ascoltare davvero non significa soltanto sentire le parole con le orecchie, ma comprendere il messaggio nella sua interezza, cogliendo anche ciò che non viene detto. Abbiamo visto come esistano diverse modalità di ascolto negativo - ignorare, interrompere, filtrare, dialogare mentalmente o rimanere passivi - che impediscono una comunicazione efficace e rischiano di creare incomprensioni e distanze tra le persone.
Per trasformare, dunque, l’ascolto in uno strumento autentico di relazione e comprensione, è necessario sviluppare attenzione, empatia e apertura mentale, imparando a mettersi completamente in ascolto e a seguire il ritmo di chi parla, inserendosi nel discorso solo nei momenti appropriati, rispettando i silenzi, le emozioni e ogni sfumatura del messaggio. Solo così l’ascolto può diventare davvero uno strumento di connessione e comprensione reciproca.