Marco Guarneri | Dal Giardino Invisibile

Dalla consapevolezza all'ascolto: come connettersi davvero con l'altro

Come abbiamo visto nell’articolo precedente, ascoltare non significa soltanto percepire le parole, ma comprendere pienamente chi ci parla. Questo richiede un coinvolgimento attento della mente, pronta a cogliere i dettagli, interpretare correttamente i concetti e riformulare ciò che viene detto per assicurarsi di aver compreso appieno il messaggio.


Ascoltare, del resto, significa connettersi profondamente con chi parla, percependo non solo le parole pronunciate, ma anche ciò che si nasconde tra le righe. È un processo che richiede presenza consapevole, capace di cogliere ogni pausa, ogni sfumatura del tono e ogni gesto, elementi che arricchiscono la comprensione del messaggio. Ma come si può sviluppare questa capacità?


La pratica è indispensabile, questo è certo. Tuttavia, il primo passo consiste nel capire quale tipo di ascolto ci risulta più naturale. Spesso tendiamo ad ascoltare in modo istintivo, trascurando il pensiero logico della mente, ignorando le emozioni ed evitando di indagare il contesto. Prendere coscienza di questi aspetti, invece, ci permette di sviluppare un ascolto più equilibrato, completo ed efficace, migliorando la comprensione e, di conseguenza, la comunicazione con chi ci sta di fronte.


L’ascolto attivo, ad esempio, coinvolge principalmente la mente: si presta attenzione ai dettagli, si riformulano concetti e si pongono domande chiarificatrici per garantire una comunicazione chiara ed efficace.


Tuttavia, non basta comprendere solo le parole: entra in gioco l’ascolto empatico, che ci permette di sintonizzarci con le emozioni dell’altro, dimostrando attenzione e comprensione, e creando così una connessione più vera e umana. Questo tipo di ascolto si concentra sulle sensazioni e sui sentimenti dell’interlocutore, andando oltre le parole pronunciate. Chi lo pratica cerca di percepire lo stato emotivo dell’altro, comprendere paure, gioie o frustrazioni e rispondere con empatia, così da favorire connessioni profonde e relazioni basate sulla fiducia e sulla comprensione reciproca.


Accanto alla mente e alle emozioni, l’ambiente in cui è vissuto l’interlocutore rappresenta un elemento fondamentale per comprendere pienamente un messaggio. Luogo, contesto sociale, relazioni presenti, esperienze di vita, riferimenti professionali e background culturali influenzano non solo ciò che viene detto, ma anche come viene percepito e interpretato. L’ascolto contestuale non è quindi solo un supporto alla comprensione delle parole, ma diventa un vero strumento di sensibilità: osservando segnali non verbali, dinamiche sociali e tutte le sfumature del contesto, possiamo cogliere intenzioni e significati impliciti, arricchendo così la comunicazione e rendendola più completa e profonda.


E poi c’è quello che io chiamo ascolto tridimensionale. Il più difficile, ma anche il più completo. Si realizza quando mente, emozioni e contesto si integrano, permettendoci di cogliere tutte le sfumature del messaggio. La mente rielabora le informazioni, le emozioni favoriscono vicinanza ed empatia, mentre il contesto ci guida nell’interpretare correttamente il significato delle parole e delle azioni, rendendo la comunicazione più ricca e consapevole di chi abbiamo di fronte.


Ne consegue che solo diventando consapevoli dei nostri punti di forza e delle aree in cui possiamo migliorare e sviluppare un ascolto realmente completo, capace di integrare mente, emozioni e ambiente e trasformare ogni conversazione in un momento di comprensione reciproca.


E tu, sai quale tipo di ascolto è più adatto a te?

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