Marco Guarneri | Dal Giardino Invisibile

Oltre la merce: comprendere il nostro sistema economico per riconnetterci all' umanità

Feticizzazione della merce. Questo fu il concetto utilizzato nel XIX dal filosofo tedesco Karl Marx per spiegare il funzionamento del capitalismo, un sistema che riduce le relazioni sociali a rapporti tra cose, facendo sembrare gli oggetti come se avessero una vita propria. Questo fenomeno maschera il lavoro e le dinamiche umane che ne sono alla base. In altre parole, nel capitalismo, le merci vengono trattate come se avessero un potere autonomo e qualità intrinseche, mentre, in realtà, sono il frutto di un processo sociale e storico in cui il lavoro umano è l’elemento essenziale.


Oggetto come entità separata da chi lo produce


Oggi che questo tipo di sistema economico comprende tutto il pianeta, possiamo sostenere che Marx aveva ragione (a riguardo): viviamo in una società che amplifica la nostra illusione di separazione. Quando vediamo una merce, come un vestito, un telefono o una macchina, non vediamo più il lavoro umano che c’è dietro, le relazioni sociali che l’hanno prodotto, e il contesto economico che ha determinato il suo valore. Invece, vediamo solo l’oggetto, che appare come un’entità separata e autonoma, senza alcun legame con le persone, le storie, le risorse naturali che lo hanno reso possibile.


Tralasciando ora se questo sistema sia giusto o sbagliato nel suo complesso, possiamo certamente affermare che tale processo ci fa dimenticare che, al di là del prezzo e del valore di scambio, ogni merce è parte di un sistema più grande, un sistema di interconnessioni tra persone, ambienti e storie, che è la realtà ultima. La nostra società, che promuove e perpetua questa visione di separazione, ci impedisce di vedere il mondo come un campo interconnesso di espressioni diverse di una stessa energia universale. Invece di riconoscere l’umanità e la connessione dietro ogni oggetto, siamo ingannati dalla sua forma e dal suo valore di mercato, e ciò ci separa dal riconoscere la nostra vera natura.


Questa separazione non è solo un inganno economico, ma un inganno ontologico. Ci spinge a vedere gli oggetti e le persone come entità isolate, distogliendoci dalla consapevolezza che tutto ciò che ci circonda è parte di un sistema interconnesso, un flusso continuo di scambi reciproci. L’oggetto merce diventa il simbolo di una distorsione più profonda: quella che separa il soggetto dall’oggetto, l’individuo dalla comunità, l’essere umano dalla natura, creando un mondo in cui le relazioni sociali autentiche sono sostituite da dinamiche di valore e potere.


Se riuscissimo a vedere al di là di questa logica, potremmo riconoscere che ogni cosa, ogni persona, ogni merce, non è altro che un’espressione di quella società di cui facciamo parte. Potremmo vedere il lavoro e l’interconnessione dietro ogni prodotto, il legame che ci unisce a chi ha creato quell’oggetto, a chi lo consuma, e a chi è parte del processo economico. Così facendo, potremmo dissolvere l’illusione di separazione che ci tiene prigionieri e abbracciare una visione più ampia, in cui ogni atto, ogni pensiero, ogni cosa è un riflesso di un campo condiviso di esistenza.


Come riappropriarsi di ciò che produciamo?


Il primo passo per contrastare la feticizzazione delle merci è sviluppare una consapevolezza critica riguardo al processo di produzione e alle dinamiche sociali ed ecologiche che sottendono ogni oggetto. Solo comprendendo il lavoro umano, le condizioni di produzione e le interconnessioni tra le persone e l’ambiente, possiamo smantellare la visione separata che attribuiamo agli oggetti. L’educazione può liberarci dall’alienazione, permettendoci di vedere gli oggetti non come entità autonome, ma come il risultato di processi storici e sociali.


Una volta acquisita consapevolezza, è fondamentale fare scelte di consumo responsabile. Ciò implica riflettere sul ciclo di vita dei prodotti, valutando da dove provengono, chi li produce e qual è il loro impatto sull’ambiente e sul lavoro. Scegliere beni che rispettano criteri etici e sostenibili ricollega il consumo alla realtà sociale ed ecologica. Inoltre, possiamo sostenere modelli economici alternativi come le cooperative e le economie solidali, che mettono al centro la cooperazione e il benessere collettivo, promuovendo scambi non speculativi e una relazione più sana con gli oggetti e il denaro.


Infine, occorre ripristinare il legame con la natura. Ogni oggetto che utilizziamo è parte di un ciclo che comprende la terra, le risorse naturali e il lavoro umano. Comprendere questo legame aiuta a rivalutare il nostro rapporto con i beni materiali, spingendoci verso uno stile di vita più ecologico e circolare, che promuove il riuso, il riciclo e il riutilizzo. Adottando una visione ecocentrica, possiamo smantellare la separazione tra oggetto merce e ambiente, contribuendo a un mondo dove le persone riconoscono il valore intrinseco della terra e del lavoro umano che trasforma le risorse naturali in beni utili.


Insomma, non è necessario rifiutare totalmente il capitalismo, ma di dare vita a pratiche alternative che cercano di restituire il valore umano e sociale a ogni oggetto. L’idea è che l'economia possa essere orientata in modo più umano, riscoprendo le connessioni tra le persone anziché alimentare l’illusione di separazione.

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